Blanca Fernàndez – Membro ELP.-“Dostoevskij e la dopamina”. (Civiltà della cifra. Etica del desiderio)
Attualmente il giornale che non conti con una sezione dedicata a diffondere gli ultimi avvenimenti scientifici -dove emerge un positivismo senza faglie- fa eccezione. Il problema è maggiore quando questi articoli di giornale cercano di spiegare il comportamento umano tramite i geni o la quantificazione delle sostanze liberate dal organismo, puntando sulla evitazione o la limitazione della responsabilità dell’atto compiuto. Ho trovato, alcune settimane fa, nel giornale El Paìs un articolo di nome Perché giochiamo se la probabilità più alta è perdere (2). Il titolo ha richiamato la mia attenzione perché faceva riferimento a Fedor Dostoevskij e la sua opera Il giocatore (1866).
L’autore sosteneva che nonostante Dostoevskij conoscesse bene la psicologia umana e le scarse probabilità di vincere nelle scommesse, non ha potuto sottrarsi all’incantesimo della dipendenza (nel suo caso si trattava della roulette) come testimoniano le lettere indirizzate alla moglie. L’articolo prosegue dicendo che il gioco produce eccitazione, incrementa la produzione della dopamina, neurotrasmettitore che intensifica il piacere negli atti compulsivi o di dipendenza, causando dunque la loro ripetizione. Con la psicoanalisi, l’argomento trova una spiegazione diversa. Freud, contemporaneo di Dostoevskij, ha scritto un saggio per chiarire la genesi della sua dipendenza: Dostoevskij e il parricidio (3) diviso in due parti. La prima tratta del carattere dell’autore in modo generico, mentre la seconda più interessante per la nostra finalità, analizza la sua passione per le scommesse interpretandola attraverso l’opera di Stefan Zweig Ventiquattro ore nella vita d’una donna che tocca la delicata questione della relazione tra scommessa, onanismo e la madre. In quest’opera viene narrato l’incontro, che ha luogo in un casinò, d’una donna di 42 anni che resta affascinata per la visione delle mani d’un giovane uomo che “sembravano manifestare, con particolare intensità, tutte le sensazioni dell’infelice giocatore” (4). Nominare le mani non è casuale, dovuto a che Freud sostiene che l’onanismo è sostituito dal gioco, come scritto in una lettera rivolta a Fliess nel 1897, nella quale fa riferimento all’autoerotismo come la dipendenza primordiale, con la quale vengono sostituite tutte le posteriori. Si stabilisce così la classica relazione tra godimento autoerotico e dipendenza.
Altri dati importanti sulla dipendenza al gioco in Dostoevskij, svoltasi nel periodo in cui è vissuto in Germania, sono note grazie alle lettere dello stesso autore dove scrive che il gioco è importante per il gioco in sé, e che lui restava accanto a la roulette fino a che non rimaneva nella rovina completa. Questi riferimenti, che sono messi in rilievo da Freud, possiamo unirli a quelli di Lacan nel Seminario libro XVI, dove manifesta che “tutto riposa nella semplice osservazione che quello che si scommette dall’inizio è perduto” (5). In questo senso si può cogliere l’effetto che la perdita ha avuto nella produzione letteraria dell’autore, giacche le sue grande opere nascevano dopo la bancarotta, che aiutavano all’espiazione della colpa e diradavano l’inibizione, fino a quando non iniziava un nuovo ciclo di ripetizione.
L’esperienza delle dipendenze si allontana dalla sua spiegazione se viene negata la dimensione pulsionale. La dipendenza è la ripetizione dello stesso, una visione dell’eterno, un cerchio infernale. Come è possibile leggere nell’ultimo capitolo di Il giocatore “oggi è troppo tardi, ma domani…” (6).
Traduzione di Liliana Rodriguez Z
- bfernandez@uma.es
- Mediavilla D, Porquè jugamos si lo mas probable es perder, sul giornale El pais, pubblicato in Spagna, 15 dicembre 2018.
- Freud S, Dostoievski y el parricidio. Obras completas. Buenos Aires, Amorrortu, 1992, Tomo 21, p.171-191.
- Op. Cit., p. 189.
- Lacan, J, El Seminario. Libro 16: de un Otro al otro. Buenos Aires, Paidos, 2008, p. 115.
Dostoievski F. El Jugador. Madrid, Alianza Editorial, 2014. Trad. Juan Lopez-Morillas.