Guy Poblome – Non tutto è scritto
Non tutto è scritto, né nel cervello, né nel genoma, né nel linguaggio. Ecco ciò che annoda i contributi di questo settimo numero di a-kephalos.
Gustavo Dessal lo sottolinea, la scienza perde qualcosa quando si limita a congiungere reale e simbolico. Essa perde ciò che si isola come immaginario per il Lacan degli anni Cinquanta, e più tardi come pulsione o godimento, che iniettano il senso e il vivente nella logica del significante. È così che dalla freddezza del linguaggio passiamo al palpito della lingua.
Ma davvero non tutto è scritto ? Per l’epigenetica tutto è scritto nel genoma, ma non per forza in modo immutabile. È ciò che riferisce Céline Aulit: l’ambiente e le contingenze della vita, come un trauma, possono lasciare delle tracce nel genoma e trasmettersi lungo le generazioni. Di quale natura è, dunque, questa traccia ?
È la questione che pone F. Ansermet, reagendo al titolo provocatore di PIPOL 9. Egli ci dice che per la psicoanalisi c’è il rischio, così come per le neuroscienze, di collocare il dibattito in un semplice rapporto di esclusione. In effetti, il linguaggio, che Lacan considera come un organo, dunque annodato al corpo, mette in gioco dei processi che superano il semplice determinismo logico, per mettere all’opera una «logica illogica» che può condurre il soggetto «al di là del principio di piacere».
È sorprendente che proprio a partire dalla contingenza del trauma, Freud abbia scritto il suo «Al di là del principio di piacere». In esso Freud parla molto del cervello, del corpo e del concetto stesso della vita. Se gli organismi viventi spendono molte energie per difendersi dalle minacce interne o esterne in nome del principio di piacere, in definitiva, per l’essere parlante, «la meta di tutto ciò che è vivo è la morte»(1), egli arriva a scoprire il godimento oscuro della pulsione di morte. A quale logica risponde ?
(1) Freud S., «Al di là del principio di piacere», in Opere, vol. IX, Boringhieri, Torino 1989, p. 224.
Traduzione di Marianna Matteoni