Miquel Bassols – In-conscio ed ex-cervello
Das Unbewusste — l’inconscio. Freud non ha trovato un termine migliore e Lacan lo ricordava per indicare quello che gli sembrava il suo inconveniente principale: è un termine negativo, il che implica che può essere qualsiasi cosa, qualsiasi altra cosa rispetto a quello che nega. A tal proposito, quello che nega, il conscio, non è un termine meno paludoso. Nessuno oggi sa bene che cosa sia la coscienza. Le neuroscienze continuano a cercarla senza successo nel luogo in cui suppongono ci sia più luce per trovarla, nelle differenti zone del cervello, nella chimica degli spazi inter-sinaptici dei suoi neuroni. Perché non un po’ oltre, nelle reti neuronali connesse al cervello, nel sistema nervoso enterico, per esempio, cioè nelle viscere? Le viscere oggi appaiono così importanti per le neuroscienze da essersi già guadagnate il nome di “secondo cervello” dato che attraverso di esse scorre più dopamina di quanta non ne scorra attraverso il primo. Pensare con le viscere ormai non sembra più una metafora, o lo sembra quanto l’idea che pensiamo con il cervello. È come dire: parliamo con la lingua.
Da parte nostra, partiamo dal seguente principio etico: c’è inconscio solo nell’essere parlante. L’ “in” dell’inconscio dovrebbe essere letto, dunque, come un termine topologico, è un “dentro” tanto interno da trasformarsi in esterno, in estimo, per l’essere parlante. E solo da e nel linguaggio è possibile, dunque, il miraggio che chiamiamo coscienza. Si segnala con frequenza: coscienza e linguaggio sono le due “realtà emergenti” o “epifenomeni” – altri due eufemismi, in realtà – dell’essere parlante che le neuroscienze non riescono a localizzare in nessuna delle parti del sistema nervoso centrale.
E il cervello, dove sta il cervello? All’interno del cranio, ovviamente. Ma solo all’interno del cranio? Sempre di più, quel che è più importante del cervello sembra trovarsi al di fuori del cervello preso come unità anatomica. I limiti anatomici hanno sempre qualcosa di arbitrario quando si tratta di definirli a partire dalle funzioni. Il dibattito continua aperto: dove sta, per esempio, la funzione della visione, nell’occhio o nel cervello? La tecno-scienza odierna non fa altro che mettere sempre più in discussione quest’unità del cervello inserendovi estensioni che saranno sempre più indistinguibili dalla sua natura. Da qui l’interessante idea dell’“esocervello” promossa dall’antropologo messicano Roger Bartra.
Risulta dunque interessante fare la lista di tutto quello che la scienza non trova nel cervello “interno”: la coscienza, il linguaggio, i qualia, l’immagine del mondo, la causa del desiderio … E la lista si amplia ogni giorno, fino al punto di fondare l’ipotesi: il cervello dev’essere più vuoto di qualsiasi altra cosa. Non c’è niente in esso di quello che cerchiamo. O meglio, c’è un niente incrostato nella sua materia, un niente incrostato grazie al linguaggio, questo ragno che sta aggrappato alla sua superficie, secondo Lacan.
Così, il nostro tema per Pipol 9 è piuttosto reale: inconscio e cervello non condividono niente. O meglio, condividono solo questo niente che il linguaggio introduce nel corpo cancellando il marchio, l’impronta del reale impossibile da rappresentare. È questo niente che dobbiamo investigare.
[1] Jacques Lacan, “Televisione”, in Altri scritti, Einaudi, Torino 2013, p. 507.
[2] Roger Bartra, Antropología del cerebro. Conciencia, cultura y libre albedrío, Editorial Pre-textos, Valencia 2014.
Traduzione di Laura Pacati