Phénicia Leroy – Scegliere di fare del buco un tesoro
«Possiamo controllare i sogni», è il titolo accattivante di una rivista (1). Sono riassunti i risultati delle ricerche nella «Scienza dei sogni», che vivrebbe adesso la sua «età dell’oro». «La vera chiave dei sogni, scientificamente documentata» sarebbe stata quasi raggiunta.
Il dossier riporta tre scoperte :
Innanzitutto la «zona calda» è stata localizzata solo recentemente nella parte posteriore del cervello e comprende molte aree che si attivano durante i nostri sogni, dando prova della loro esistenza. Basandosi sull’argomentazione dell’attività neuronale di questa zona, i ricercatori giungono a predire in laboratorio il momento in cui colui che dorme inizia a sognare. Il passo successivo sarà cercare di creare un’immagine del sogno, a partire da questa attività cerebrale, grazie ad un programma di intelligenza artificiale.
Secondariamente, i ricercatori promettono di «sottomettere i sogni alla nostra volontà» grazie alla lucidità. Si definisce un sogno lucido come uno stato di coscienza intermedia durante la quale colui che dorme si rende conto che sta sognando. I ricercatori mirano a provocare dei sogni lucidi attraverso dei metodi mentali o attraverso l’induzione con tecniche «semplici ed efficaci»: una pillola contro l’Alzheimer oppure degli elettrodi. L’interesse di questi sogni sarà molteplice: per l’allenamento sportivo, la creatività, nel trattamento degli incubi, contro la schizofrenia…
Infine, i neurobiologi cominciano ad accordarsi sulla funzione del sogno, da intendere in termini «di utilità». Finora circolano due teorie: una sostiene che i sogni consolidino la memoria, l’altra che i sogni metabolizzino le nostre emozioni. Emerge una terza via: i sogni sarebbero un allenamento per affrontare meglio la vita reale.
In questa «Scienza dei sogni» non ci vogliono dire niente, non rimandano a niente.
Questi ricercatori sognano di avere un’influenza su ciò che non può essere catturato. Quindi localizzano, cifrano, programmano, ottimizzano, promettono che ci sarà un’utilità. Il soggetto non li interessa.
Una volta di più, i testi di questo numero di a-kephalos dimostrano che nel modo in cui i neurscienziati affrontano il pensiero c’è l’evacuazione della soggettività.
Elisabeth Marion riporta le ipotesi delle ricerche sui ricordi: quelli che ci fanno paura, quelli che ci fanno bere. Cancellare questi ricordi in modo puramente «neuro-meccanico» sarebbe la soluzione rapida ed efficace per combattere i sintomi che essi provocano. Eugenio Diaz condensa gli effetti di questa logica in una formula: «ciò che non è controllabile è da liquidare, mantenendo il soggetto nell’oscurità».
L’etica analitica è un’altra, essa supporta l’idea che non tutto sia decifrabile, che c’è del non-senso. Essa fa la scommessa che il soggetto alloggi là dove c’è disfunzionamento, dove si presenta un «è più forte di me», dove il «ragionevole» si spezza, … Come testimonia l’esperienza analitica, Patricia Heffes lo sottolinea nel suo testo.
La differenza etica si situa in rapporto a questo buco nel senso, in rapporto a ciò che sfugge. I neuroscienziati cercano di nasconderlo. La psicoanalisi sceglie di farne un tesoro.
In questo senso, dal nostro punto di vista, il «tutto si spiega», resterà sempre un’illusione.
Traduzione di Marianna Matteoni
- Science et vie, Dossier « On peut contrôler ses rêves », n°1215, dicembre 2018.