Sergio Caretto – “Lasciamo tranquillamente che di psicologia si occupino i poeti”

#

ll 27 gennaio 1908 Freud scrive una lettera a Jung nella quale riporta una recensione critica di E. Meyer, professore emerito di psichiatria e neurologia all’Università di Königsberg, relativamente al testo da poco uscito sulla psicologia della Dementia praecox di Jung, analista da cui Freud in quel tempo tanto si attendeva sia per l’avanzamento della psicoanalisi nel campo della clinica delle psicosi che, più in generale, per la diffusione e trasmissione della psicoanalisi nel mondo.   L’ironia con cui Freud difende il collega dagli attacchi di Meyer è tagliente e quanto mai attuale in quanto concerne un certo approccio alla ricerca scientifica sostenuto da una fede che poco si discosta dalla fede religiosa: “L’obiezione principale è che i complessi nocivi si presentano in tutte le persone! Che simili contestazioni idiote siano possibili è dovuto al fatto che questi signori non hanno imparato nulla, non si sono mai costruiti una penetrazione psicologica partendo dal sogno della vita quotidiana. Io credo che se fossero sottoposti a analisi, ne verrebbe fuori che essi ancora oggi aspettano il bacillo o il protozoo dell’isteria come il messia, che per i credenti ortodossi non può mancare di venire una volta o l’altra. E allora si spera che la diagnosi differenziale della dementia praecox sarà facilissima, dato che il parassita dell’isteria dovrebbe avere un’appendice rigida a forma di frusta, e quello invece della dementia praecox regolarmente due appendici, che oltretutto assumono anche colori diversi. E allora lasciamo tranquillamente che di psicologia si occupino i poeti!”.  Fantastico Freud! Certamente il riferimento all’ideale religioso quale ostacolo per la ricerca scientifica non è chiamato in causa a caso se teniamo in conto dell’interlocutore, Jung, e del posto ch’egli riservava allo studio della religione nel tentativo di estrarre un sapere universale atto ad illuminare l’opacità incontrata nella clinica. Basterebbero queste parole di Freud per cogliere come nessun autentico apprendimento circa la psiche umana è possibile, se la ricerca resta vittima dell’illusione di riduzione dello psichico al suo substrato organico, illusione radicata nell’infantile e che ritroviamo allo zenit nel rapporto dello schizofrenico con il linguaggio in cui, è sempre Freud a dirlo, parola e cosa tendono a coincidere.

Freud stesso, anni prima, in quanto scienziato del suo tempo, era stato animato da una certa illusione positivista e materialista, che trovava espressione nel suo Progetto di una psicologia: “L’intenzione di questo progetto è di dare una psicologia che sia una scienza naturale, ossia di rappresentare i processi psichici come stati quantitativamente determinati di particelle materiali identificabili, al fine di renderli chiari e incontestabili”. Sappiamo che Freud non solamente non portò a termine il suo Progetto ma che arrivò successivamente a definirlo il suo “piccolo delirio” rimasto incompiuto. Effettivamente è strutturalmente delirante credere di arrivare a riassorbire tutto il reale al simbolico riducendo tutto a numero, piuttosto che all’immaginario foss’anche l’immaginario religioso. In luogo di una scienza che rigetta l’inconscio attraverso la sua riduzione al cervello e al suo funzionamento neuronale, Freud indica piuttosto la poesia quale via per avanzare nella ricerca. D’altronde la poesia, al rovescio di un certo modo di procedere della scienza ridotta e appiattita sempre più alla statistica, trae il suo “potere” da una parola liberata del giogo del senso e della significazione, e giunge piuttosto a fare “buco”, aprendo effetti soggettivi inediti. “Inconscio e cervello: niente in comune”. Se proprio volessimo rintracciare un elemento su cui promuovere un incontro tra inconscio e cervello, sarebbe piuttosto sulla via del “niente”, del “niente” in comune, il niente del soggetto e dell’agalma che ne presiede la pulsazione, un niente incommensurabile di cui anche la Scienza dovrebbe avere rispetto e tutela, pena il fatto di degradarsi in uno scientismo oscurantista e pericoloso.

Print Friendly, PDF & Email